contro- intestazione

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Sulla strada del Nivolet in Dicembre

I più assidui frequentatori della Valsavarenche sanno che ci sono due posti, in inverno, dove è facile avvistare camosci e stambecchi. Uno è il paesino di Tignet, con la sua cascata ghiacciata, i prati inclinati e camosci e stambecchi fin dentro le case, l'altro è in località Pont, in fondo alla valle: si tratta della strada incompiuta per il Nivolet.

Stambecchi con il cartellino. Strada incompiuta del Nivolet, Pont (AO) - Dicembre.
Nikon D3, ob. Nikon AF-S 600/4 G VR, tripod Gitzo GT3541LS head Arca B1.

Queste immagini lo ho raccolte nel Dicembre del 2011 e le ripropongo qui riorganizzate in modo più razionale rispetto a quanto già pubblicato a Gennaio del 2012. Lo faccio perché questo luogo dell'alta Valsavarenche merita attenzione e perché avrei una gran voglia di ritonarci, ma come noto i desideri non sempre vanno a nozze con le disponibilità. L'inverno del 2011/2012 iniziò tal quale a quello che stiamo vivendo ora: niente neve e temperature elevate. Se queste condizioni sono una evidente tristezza per i panorami alpini, sono invece perfettamente adatte per camminare lungo la strada, mai terminata e ora in stato di abbandono, che da Pont sale al colle del Nivolet. Il tratto di carreggiata percorribile è scavato sul fianco della montagna e presenta molti punti esposti alle slavine, non è quindi il caso di avventurarsi quando la copertura nevosa è abbondante (gli ultimi tre inverni è stata off limits).

Lungo la strada incompiuta del Nivolet (non eravamo i primi) e il tunnel in abbandono. Pont (AO) - Dicembre.
Nikon D700, ob. Nikon AF-s 17-35/2.8 ED, hands hold e
Nikon D700 ob. Nikon 70-200/2.8 VRII, tripod Gitzo GT3541LS head Arca B1
Il versante opposto della Valle. Valsavarenche (AO) - Dicembre.
Nikon D3 ob. Nikon AF-s 600/4 VR G,tripod Gitzo GT3541LS head Arca B1 e
Nikon D700 ob. Nikon AF-s 17-35/2,8 ED.
Impronte di uomini e animali. Strada incompiuta per il Nivolet, Pont - Dicembre
Nikon D700, ob. Nikon AF-S 17-35/2.8, hands hold

Salendo lungo la carrozzabile, inizialmente, ci sembrò poco probabile poter incontrare un solo camoscio anche solo per sbaglio. Quando invece la luce ha cominciato a calare, e la temperatura con lei, son saltati fuori da dietro ogni roccia, ogni larice, ogni avvallamento.  Dal tardo pomeriggio fino alla notte (ce ne siamo andati con il buio pesto) non sapevamo più da che parte girarci. Camosci e soprattutto Stambecchi ovunque; poco intimoriti dalla presenza umana, si sono lasciati osservare a lungo e man mano che la luce calava diventavano sempre più attivi, specialmente gli stambecchi che nel crepuscolo che precede la notte hanno dato vita agli scontri a cornate come solo la Capra Ibex, sulle nostre Alpi, mette in scena nel pieno dell'inverno. Lo schiocco secco degli impatti tra le corna eccheggiava in tutto il vallone, peccato che la luce ormai era troppo scarsa anche per i formidabili (allora, ora un po' meno) sensori delle mie Nikon.

Camosci. Strada incompiuta del Nivolet, Pont (AO) - Dicembre.
Nikon D3, ob. Nikon AF-S 600/4 G VR, tripod Gitzo GT3541LS head Arca B1
Stambecco e in fondo la piana di Pont. Strada incompiuta del Nivolet, Pont (AO) - Dicembre.
Nikon D700, ob. Nikon AF-s 70-200/2.8 G VR II, hands hold.
Giovani Stambecchi. Strada incompiuta del Nivolet, Pont (AO) - Dicembre.
Nikon D700, ob. Nikon AF-s 70-200/2.8 G VR II, hands hold.
Stambecco. Strada incompiuta del Nivolet, Pont (AO) - Dicembre.
Nikon D3, ob. Nikon AF-S 600/4 G VR, tripod Gitzo GT3541LS head Arca B1.

Stambecchi. Strada incompiuta del Nivolet, Pont (AO) - Dicembre.
Nikon D3, ob. Nikon AF-S 600/4 G VR, tripod Gitzo GT3541LS head Arca B1.
L'Herbetet e le altre vette del versante opposto della vallata. Strada incompiuta del Nivolet, Pont (AO) - Dicembre.
Nikon D700, ob. Nikon AF-s 70-200/2.8 G VR II, hands hold.
Stambecchi juv. Strada incompiuta del Nivolet, Pont (AO) - Dicembre.
Nikon D700, ob. Nikon AF-s 70-200/2.8 G VR II, hands hold.
Carosello di cornate tra Stambecchi. Strada incompiuta del Nivolet, Pont (AO) - Dicembre.
Nikon D700, ob. Nikon AF-s 70-200/2.8 G VR II, hands hold.

Ungulati ovunque. Strada incompiuta del Nivolet, Pont (AO) - Dicembre.
Nikon D700, ob. Nikon AF-s 70-200/2.8 G VR II, hands hold.
Ungulati ovunque. Strada incompiuta del Nivolet, Pont (AO) - Dicembre.
Nikon D700, ob. Nikon AF-s 17-35/2.8 ED, hands hold.

Note fotografiche.
Tutte queste immagini, come detto, sono state riprese nell'arco di poche ore percorrendo la strada del Nivolet. Ho usato due fotocamere Nikon D3 e D700 e 3 obiettivi: il mastodontico AF-s 600/4 VR e i maneggevoli 70-200/2.8 VR II e 17-35/2.8. In questa occasione ho misurato in concreto cosa offre la funzione di stabilizzazione ottica. Il VR mi ha consentito di fotografare con luce veramente scarsa sorreggendo la fotocamera a mano libera. Il treppiede Gitzo GT3541LS con Arca B1, che si è rivelato estremamente pratico e maneggevole, è stato utile solo per reggere il teleobiettivo pesante, mentre il resto delle immagini è stato ripreso con il 70-200/2.8 VR II rigorosamente sorretto a mano libera. Tempi di otturazione intorno al 1/45s per 200mm di focale un tempo erano "mosso garantito", ora non più.

In cerca di Camosci e Stambecchi sulla strada incompiuta del Nivolet, Pont (AO) - Dicembre.

Da queste poche ore montane ho tratto l'importante lezione fotografica sulla libertà di comporre l'inquadratura come solo uno zoom può garantire. Nonostante sia cresciuto usando solo focali fisse (quello avevo!) in questa occasione ho sperimentato quanto valga poter re-inquadrare da posizione fissa. Il gioco del "ritaglio" non mi ha mai fatto impazzire, ma qui, questa volta, con piccole variazioni di focale ho potuto cambiare radicalmente il contenuto dell'immagine, la qual cosa mi ha permesso di produrre una grande varietà di fotografie in sole tre ore di tempo. Per correttezza devo ammettere che in questa specifica occasione il 70-200/2.8 era comunque troppo corto e il 600/4 poco adatto ad una applicazione dinamica di continuo ri-posizionamento dell'inquadratura. E' per questa ragione che al termine di questa bella giornata nel gelo della Valsavarenche ho deciso che nel corredo sarebbe entrato il 200-400/4 VR II. Il Quebec e il Costa Rica che verranno hanno confermato la validità di questa decisione, presa sulla neve ghiacciata del parcheggio di Pont.

Cronache di una mostra

Fin da ragazzo, da "bocia" come si dice qui, ho sempre pensato che prima o poi una mostra con le mie foto del Parco Lame Sesia l'avrei messa in piedi. Poi passano gli anni, non si è più "bocia", e le incombenze si accavallano, i desideri vengono posticipati ad un domani indefinito, un domani che non è mai il giorno appresso, ma un giorno imprecisato in un futuro più o meno vicino, che sempre futuro è, in costante movimento in avanti, irraggiungibile.

Son quasi contento che è belle che finita: ora potrò andare dal barbiere.

La verità? Ci vuole l'occasione giusta e la volontà per realizzarla. L'occasione me l'ha data l'amica Flavia che, viste le mie foto sul web, le ha proposte al Comune di San Nazzaro. La volontà invece è tutta roba mia. Sì perché in queste faccende occorre crederci, passare sopra a tutto come un carro armato, non badare a fatica, spese, dubbi e incertezze avendo ben in testa l'obiettivo finale, di concretizzare e la spinta deve essere forte perché la strada è tutta e solo in salita.

Il libretto e "il muro del pianto", sì in quel muro ci sono più sassi che su una riva del Sesia.

Le Motivazioni.
Una sola, in brutale sintesi: la voglia di condividere quello che ho visto, testimoniare, nei limiti delle mie possibilità, la bellezza di un luogo unico che può essere paradigma per migliaia di luoghi unici del nostro "backyard". Per realizzare la condivisione, che per una mostra è un'azione fisica di moto a luogo, il luogo, appunto, non poteva che essere il paese di San Nazzaro, porta d'accesso al fazzoletto di Parco delle Lame che da tanti tanti anni mi accoglie come ospite. Esporre in un paesino fuori mano e non in una più "performante" (in termini di affluenza) sala cittadina, è stata una scelta di contenuto (il parco è a San Nazzaro ed a San Nazzaro desideravo che venissero associate le mie immagini) e di opportunità. San Nazzaro si è reso disponibile, fornendo ciò che aveva. In città avrei dovuto cercare, chiedere, spiegare, convincere, implorare: no grazie, non li vesto più i panni del pellegrino ospite per grazia ricevuta dal cielo, non ho da chiedere elemosina ed, in effetti, qui sono io che elargisco qualcosa e non il contrario, che sarà pur poco, ma è infinitamente di più del nulla siderale che il meccanismo del dare - avere strettamente materiale ci sta proponendo.

Panoramic view.

Gli Ostacoli e le Risorse.
I primi si superano utilizzando le seconde e di ostacoli per realizzare un'iniziativa del genere ce ne sono tanti. In prima battuta occorre qualcosa da mostrare, il che si può tradurre in "qualcosa da dire". Quel qualcosa io l'avevo giù "nel gozzo" da molti - troppi - anni quindi questa incombenza non l'ho sentita. Certamente non nascondo che nella scelta delle foto, nell'organizzarle per cercare di costruire un percorso di lettura con qualche punto caldo di impatto, i limiti del mio lavoro sono venuti tutti a galla. Avrei voluto disporre anche di altre immagini, cose che ho visto, ma che non sono riuscito a documentare, ciò nonostante il mio archivio sul Parco è abbondante quindi la problematica si è ridotta essenzialmente a cosa escludere. Il passo successivo è trovare il luogo adatto ad accogliere una esposizione. Come accennato l'amica Flavia Silva ha proposto a Febbraio 2015 i miei lavori al comune di San Nazzaro. L'assessore Claudia Nodaro ha individuato nelle sale dell'ex asilo, non più in uso da anni, il luogo adatto, perfetto: due stanzoni 5x4 metri, da svuotare (ad Aprile 2015 erano un magazzino) e da ri-tinteggiare. Certo, le luci al neon di due plafoniere industriali non erano decisamente la fonte di illuminazione adatta allo scopo, e una soluzione andava trovata. Il nodo bloccante che occorre sciogliere per appendere delle foto ad un muro è legato alla stampa delle immagini: come portare le visioni digitali (e a pellicola) sulla carta conservando le qualità dello scatto iniziale? Qui l'aiuto fondamentale è arrivato dall'amico Michele titolare della società Slowprint di Conegliano Veneto. Senza di lui, senza la sua esperienza e preparazione, non sarei andato da nessuna parte. Quando a Maggio ho ricevuto le prime quattro stampe 60x90, mi sono commosso. Finalmente dopo oltre 25 anni vedevo una stampa da diapositiva rispettosa dell'originale. E se dalle diapositive il risultato è stato oltre ogni aspettativa (ho abbandonato le pellicola solo nel 2008), le immagini native digitali si sono rivelate assolutamente spettacolari. Dettagli, sfumature di colore, toni e quant'altro sono riportati sulla carta in modo fedele e magnifico. Non è affatto ovvio. La risorsa "Michele" è stata perciò il vero volano di tutto quanto.

Sopralluogo nelle stanze in predicato.
Preparazione delle stampe, un discreto mazzo.
Montaggio delle luci e delle foto alle pareti; la facevo più facile.
Ultimi ritocchi: posizionamento cartelli esplicativi.

A spron battuto.
Forte della qualità ottenuta da quelle prime prove di stampa mi sono lanciato a capofitto ad organizzare il resto, cioè cornici e illuminazione. Arredare le pareti di due stanzoni ed illuminarle come si conviene, se ci si affida agli "esperti", costa una fucilata, una spesa che non potevo accollarmi. I grandi magazzini del fai da te offrono tante soluzioni per le cornici come per le luci. Ecco allora Valerio corniciaio e Valerio elettricista scendere in campo. Per fare un passpartout con taglio a 45° ci vogliano strumenti e materiali adeguati, non ci sono dubbi, ma si può ottenere un effetto dignitoso anche utilizzando del cartone meno spesso (2 mm), squadra, taglierino e pazienza. Le cornici in pino grezzo di Leroy Merlin e i faretti led di Ikea da tre lampade hanno chiuso il cerchio. Alla fine di Agosto tutto era pronto, quasi pronto: le sale non erano ancora tinteggiare. In extremis il comune ha fatto intervenire i professionisti della pittura e a noi sono rimasti i due fine settimana centrali di Settembre per completare (allestire) la mostra: sono stati giorni di intenso lavoro manuale. Con l'aiuto di Flavia, di suo marito Lionello e infine di mia moglie Laura abbiamo appeso foto e pannelli esplicativi, che potrà sembrare faccenda banale, ma piantare un centinaio di chiodi in un muro tutto storto corredato di sassi di fiume (!) è una maratona di forza e di pazienza. Nevralgico l'intervento di Massimo Negri, elettricista di professione, che ha consentito di contrarre i tempi per il montaggio luci, senza il suo aiuto avremmo sforato quasi certamente. Domenica mattina 27 Settembre, data dell'inaugurazione, appendevo l'ultima stampa mancante e aprivamo l'esposizione.

Il giorno dell'inaugurazione c'è stato un bel viavai. Le foto le ha fatte Sergio con la mia D800. Pensa te, per rimetter una reflex
in mano a Sergio ho dovuto fare tutto sto casino!??!

"Ho visto gente, ho fatto cose"
Ora, mentre scrivo queste note, ho ancora davanti a me l'ultimo fine settimana. E' dalla fine di Settembre che trascorro qui nelle salette dell'ex asilo di San Nazzaro tutti i week end, dalle 10 alle 17. E' perciò tempo di bilancio. "Ho visto gente e fatto cose" il che sarebbe già abbastanza, di gente ne è venuta, non mi posso lamentare, ma di fatto mi sarei aspettato un po' più di partecipazione dal Paese. Alla fin fine è casa loro, è il loro outback immediato. Quei pochi "indigeni" che sono entrati hanno dovuto ricredersi; lo so dalle loro osservazioni che sono sempre andate ben oltre la cortesia. In genere le frasi sono state del tipo: "In tanti anni non ho mai avuto occasione...", "Ma dov'è questo posto? Veramente è nel Parco??". Qualcun altro, pochissimi e su tutti il buon Corrado, hanno ammesso che dalle mie foto vien fuori il Parco che affascina, quel Parco li ha stregati fin da ragazzini, quel bosco selvaggio degno di Mowgli in cui perdersi e disconnettersi dalla realtà di tutti i giorni; la cosa mi rincuora: forse, ma forse, ho centrato il bersaglio.

Il grosso dell'affluenza è stata di "foresti", gente di Novara, Torino, Milano. Esclusi gli amici, che son venuti a trovarmi, i visitatori incidentali spesso non sanno nemmeno dell'esistenza di un "Parco delle Lame" e anzi non sanno cosa siano le "Lame". In genere concludono il giro dicendomi: "complimenti per la pazienza". Ma quale pazienza?? In molti si fanno l'idea che per fotografare un martin pescatore si debba stare ore e ore  e ore ad attendere che il pennuto si posi nel punto giusto. Bah, non nella mia esperienza e allora mi trovo a spiegare (ho perso il conto delle volte) che le foto in mostra sono una sotto parte del sottoinsieme delle foto scattate in non più di 60 uscite spalmate su un decennio, il che si traduce in sei uscite all'anno, una ogni due mesi; "allora lei è molto fortunato", non credo proprio, affatto, se mai il contrario. La fortuna è un aiuto che non si rifiuta mai, ma il Parco di occasioni ne offre parecchie per sua natura e non per fortuna. I visitatori rimangono un po' basiti quando faccio loro notare che TUTTE le immagini sono state riprese a non più di tre chilometri e mezzo dalle stanze della mostra e che tra una foto e l'altra talvolta sono trascorsi anni, talvolta pochi minuti e che comunque la distanza spaziale tra un'inquadratura e quella accanto ben difficilmente supera i trecento metri perché i punti che frequento sono bene o male sempre gli stessi, ma sempre diversi un mese dopo l'altro, un anno dopo l'altro. Altro che pazienza e costanza, qui è faccenda di fretta e furia che l'occasione scappa e non torna più. Credo di averne convinti pochi, pazienza almeno ci ho provato. 

Davide di passaggio da Piacenza verso Bolzano. No San Nazzaro non è a mezza via,
ha voluto passarci apposta punto e basta.

Di tutto questo alla fin fine cosa rimane.
Uno scafato fotografo, dopo aver visitato la mostra, mi si è avvicinato e ha commentato: "Bello, un bel lavoro, peccato, peccato davvero. Eh sì, quando finisce tutte 'ste foto te le metti in casa? Magari in garage. Soldi buttati ... oh beh anche io ne ho fulminati una valanga, però un po' dispiace". Ovviamente ho annuito e fatto spallucce, del resto cosa controbattere? In fotografia forme e colori dovrebbero veicolare contenuti e credo di averne incastrato qualcuno nelle cornici del Leroy Merlin, contenuti che parlano di un luogo da conoscere e proteggere; insomma ho fatto quel che era nelle mie possibilità per diffondere un po' di conoscenza o magari anche solo di indurre curiosità. Le foto appese ai muri sono un modo vecchio e superato nell'era di Internet? Forse sì, ma finché avremo gambe, braccia, testa sulle spalle e una bocca per parlare difficilmente avremo miglior modo di comunicare che incontrarci tra consimili e raccontarci storie guardandoci negli occhi.

Un grazie di cuore a tutti gli amici che sono venuti a trovarmi e a cui spero d'aver regalato un'oretta diversa dall'ordinario oltre che aver evocato forme e colori della terra nella quale viviamo e che ormai abbiamo quasi dimenticato.


Diviso per quattro col resto di due