Premessa
Questo post lo dedico agli amici Moreno, Marco e Filippo. Spero che leggano e aggiungano i loro ricordi ai miei. Attendo quindi "aggiustamenti" a questa versione che non può essere completa finché si basa solo sul mio racconto.
Siamo nel 2024, è trascorso molto tempo da quei due epici giorni di luglio del 1993 in cui 4 studenti, un po' più che ventenni, chiusero i libri di meccanica, tecnologie elettroniche, sistemi dinamici e decisero di andare a vedere da vicino il Gran Paradiso. Una gita così, senza pretese. Per vedere se era vero che a vent'anni si hanno le gambe buone e c'è il fiato per fare un po' di tutto.
Questo post lo dedico agli amici Moreno, Marco e Filippo. Spero che leggano e aggiungano i loro ricordi ai miei. Attendo quindi "aggiustamenti" a questa versione che non può essere completa finché si basa solo sul mio racconto.
Siamo nel 2024, è trascorso molto tempo da quei due epici giorni di luglio del 1993 in cui 4 studenti, un po' più che ventenni, chiusero i libri di meccanica, tecnologie elettroniche, sistemi dinamici e decisero di andare a vedere da vicino il Gran Paradiso. Una gita così, senza pretese. Per vedere se era vero che a vent'anni si hanno le gambe buone e c'è il fiato per fare un po' di tutto.
Marco, Moreno, Filippo e Valerio (che è quello che scrive)
pianificarono, cartina sul tavolo dell'aula B41 del PoliMi, di fare 'sta
benedetta gita. Era da un po' che ci frullava in testa di vedere la montagna
vera, quella sopra i 3000. Le ragazze no, a loro non lo diciamo neanche,
questa è una roba un po' pesante, vediamo di sbrigarcela senza "zavorre".
Capirai gli atleti. Non ricordo quale fosse la cartografia di riferimento, certo che una
Kompass qualcuno la tirò fuori. Credo Marco. Scegliemmo la val Piantonetto,
sia mai che noi si scelga la via più famosa! Giammai!! Quindi l'itinerario
era tracciato in pochi minuti: versante piemontese del Gran Paradiso, valle
dell'Orco. Poi su per la val Piantonetto fino alla diga del Lago Teleccio.
Quindi Rifugio Pontese, ma nemmeno ci si ferma, si sale per il passo della
tribolazione e si scende in questa conca isolata, ai piedi del Gran
Paradiso. Pernottamento nel bivacco Ivrea e l'indomani ritorno.
Già il nome di passo della Tribolazione doveva farci intendere che non era
una scampagnata per gambe poco allenate alla montagna. Ma si sa, il fiato
vien muovendosi. Non ho memoria di come fu la divisione delle auto, o se
andammo tutti con una sola. Certo è che per essere alle 7.00 al lago
Teleccio la sveglia devo averla puntata almeno alle 3.30 del mattino.
Ore 7,00 accumulo di neve presso il Lago Teleccio, Val Piantonetto
(TO). Nikon FM2n, ob Sigma 28-70/2.8 Agfa 50 RS. |
Lago Teleccio, Val Piantonetto (TO) - Luglio. Nikon FM2n, ob Sigma 28-70/2.8 Agfa 50 RS |
Marco e il Lago Teleccio, Val Piantonetto (TO) - Luglio. Nikon FM2n, ob Sigma 28-70/2.8 Agfa 50 RS. |
Raggiungere il rifugio Pontese fu già una bella esperienza. Lasciato il lago
Teleccio la pista si inerpica sulla destra su per una riva ripida. Un feroce
zig zag conduce fino all'altipiano del rifugio. Fu qui che vedemmo per la
prima volta 'sti benedetti Becchi della Tribolazione. Sulla cartina,
onestamente, sembravano più vicini.
Rifugio Pontese (2200m) e sulla sinistra i Becchi della Tribolazione.
Val Piantonetto (TO) - Luglio. Nikon FM2n, ob. Sigma AF 28-70/2.8, Agfa 50RS |
Rifugio Pontese (2200m) Gracchi alpini. Val Piantonetto (TO) -
Luglio. Nikon FM2n, ob. Sigma AF 400/5.6 Fuji Velvia 50 |
Una valle di rocce, Val Piantonetto (TO) - Luglio. Nikon FM2n, ob. Nikon AF 20/2.8, Fuji Velvia 50 (sin), ob. Sigma AF 28-70/2.8 Agfa 50 RS (dx). |
Agglomerato di quarzite tipico delle formazioni rocciose granitiche.
Sullo sfondo il Becco della Tribolazione. Val Piantonetto (TO)
- Luglio. Nikon FM2n, ob Nikon AF 20/2.8 Agfa 50RS. |
>L'ascensione al Passo della Tribolazione fu lunga e pesante. Pausa pranzo
al sacco nei pressi di un balcone paludoso circondarti dagli stambecchi.
Ricordo che gli stambecchi c'erano ed era la prima volta che li vedevo dal
vivo, ma di foto in archivio non ne ho trovate. Evidentemente mi saranno
venute troppo bene! Ricordo che Marco, un ragazzo piuttosto ostinato, li
apostrofò come "capre di montagna". Cercai di fargli cogliere la differenza.
Gli stambecchi sono degli ovini come le capre, come le capre hanno delle
corna. Però le capre le corna le hanno più piccole, e non si riesce ad
allevare lo stambecco per il latte e poi se proprio vogliamo parlare di
capre allora parliamo della capra primigenia, protetta sull'isola di Dia a
Creta e dei caratteri tipici della capra selvatica. No, credo che ancora
oggi Marco mi ritirerà fuori la zuppa delle capre di montagna. Poco importa
se tra una capra e uno stambecco le differenze genetiche sono prossime a
quelle che passano tra un elefante africano e il Mammuth, per Marco
rimangono capre. Di montagna, ma sempre capre.
Verso il Passo della Tribolazione. Sosta di "riflessione", Val
Piantonetto (TO). Nikon FM2n, og Sigma AF 28-70/2.8. Fuji Velvia 50. |
Verso il Passo della Tribolazione: ma quanto manca??. Val Piantonetto
(TO). Nikon FM2n, og Sigma AF 28-70/2.8. Fuji Velvia 50. |
Il sentiero, ricordo, proseguiva in direzione della bocchetta. Ma ad un
certo punto, in prossimità dei depositi morenici, scompariva e occorreva
ricercare gli ometti di sassi posti sui pietroni più grandi. Proprio sotto
alla bocchetta si stendeva una magnifica lingua di neve. Piatta liscia ma
neve, non ghiaccio. Sulla destra, dove sembravano condurre gli ometti
segnavia, si apriva un'infernale distesa di rocce moreniche di dimensioni
adatte al balzo di un essere umano, ma dalle forme spigolose e puntute.
Timidamente feci osservare che seguire gli ometti su per la riva era un po'
impegnativo mentre la lingua nevosa era una fresca autostrada per il passo.
No! Inutile dire che il capo squadra fosse proprio il ragazzo "ostinato". La
neve può nascondere insidie e chi sa mai che lì sotto non vi sia qualche
micidiale crepaccio. Quindi armati di sana buona volontà affrontammo il
versante roccioso. Due ore dopo, circa a metà lunghezza della lingua nevosa,
complice il sole pomeridiano di Luglio, la mia proposta originale divenne
magicamente appetitosa. Non avevamo più gambe, i sassi ce le avevano
ribollite. La frescura della neve e la comodità del passo regolare furono il
paradiso. In breve raggiungemmo il passo della Tribolazione e scavalcammo il
versante.
Nevaio verso il Passo della Tribolazione, Val Piantonetto (TO). Nikon FM2n, og Sigma AF 28-70/2.8. Fuji Velvia 50. |
Raggiungiamo il Passo della Tribolazione, Val Piantonetto (TO). Nikon FM2n, og Sigma AF 28-70/2.8. Fuji Velvia 50. |
La vista si apriva sul versante piemontese del Gran Paradiso. Il grosso era
fatto ed ora era solo discesa fino al bivacco Ivrea. Scendemmo allegri
seguendo lo scivolo di neve che dalla bocchetta portava giù nel vallone. A
ripensarci oggi forse questo era il passaggio più pericoloso, perché
sull'altro versante di neve ce n'era ben di più e lì forse sì che si poteva
nascondere qualche pericolo. Ma a quel punto il pensiero non ci sfiorò
minimamente e in pochi minuti fummo alla base della piramide rocciosa del
Becco della Tribolazione.
Veduta del gruppo del Gran Paradiso dal passo della Tribolazione. Val
Piantonetto (TO) - Luglio. Nikon FM2n, ob. Nikon AF 20/2.8, Fuji Velvia 50 |
Becco della Tribolazione. Val Piantonetto (TO) - Luglio. Nikon FM2n, ob. Nikon AF 20/2.8 Fuji Velvia 50 |
Rocce del Becco della Tribolazione. Val Piantonetto (TO) - Luglio. Nikon FM2n, ob. Nikon AF 20/2.8 Fuji Velvia 50. |
Becco della Tribolazione al limite del nevaio. Val Piantonetto (TO) -
Luglio. Nikon FM2n, ob. Nikon AF 20/2.8 Fuji Velvia 50 |
Scendiamo il nevaio del Becco della Tribolazione. Val Piantonetto (TO) -
Luglio. Nikon FM2n, ob. Sigma AF 28-70/2.8 Fuji Velvia 50 |
Il nevaio del Becco della Tribolazione. Val Piantonetto (TO) -
Luglio. Nikon FM2n, ob. Nikon AF 20/2.8 Fuji Velvia 50 |
Le rocce del Vallone del Gias e della Losa verso il bivacco Ivrea. Gran
Paradiso (TO) - Luglio. Nikon FM2n, ob. Sigma AF 28-70/2.8 Fuji Velvia 50 |
Il pomeriggio era diventato sera e bisognava trovare il bivacco. In effetti
dalla cima del passo, e poi scendendo, avevamo cercato di individuare il
bivacco Ivrea. Un puntino giallo, quasi indistinguibile e lontano, lontano
in modo allarmante. Però lo avevamo visto. Purtroppo, scendendo, tutti i
riferimenti che sembravano così chiari nella veduta dall'alto, si
confondevano rendendo le precedenti osservazioni completamente inutili. Va
bè doveva essere lì da qualche parte.
Filippo alla ricerca del bivacco Ivrea (e io con lui). Gran Paradiso
(TO) - Luglio. Nikon FM2n, ob. Sigma AF 28-70/2.8 Fuji Velvia 50 |
Filippo, con berretto del Novara calcio affronta il guado.
Gran Paradiso (TO) - Luglio. Nikon FM2n, ob. Sigma AF 28-70/2.8 Fuji Velvia 50 |
Il sole ormai era sceso e mentre gli stambecchi comparivano sul profilo dei
monti circostanti, eccolo lì: il bivacco Ivrea. Su una costa rocciosa lo
scorgemmo definitivamente. Non restava che raggiungerlo. Purtroppo la nostra
destinazione si trovava sull'altro lato di un poderoso torrente. Avevamo
guadato diversi corsi d'acqua durante tutta la giornata, ma sembravano
rivoli rispetto a questo. Io non avevo intenzione di bagnarmi i calzini. E
nemmeno Filippo. Ci dividemmo io e Filippo scendemmo lungo il corso d'acqua
con l'intenzione di trovare un punto di guado, Moreno e Marco affrontarono
in modo diretto il problema. Roba da Klondike.
Ecco il bivacco Ivrea. Gran Paradiso (TO) - Luglio. Nikon FM2n, ob. Tamron SP 180/2.5 Fuji Velvia 50 |
Verso sera gli stambecchi entrano in attività. Gran Paradiso (TO) -
Luglio. Nikon FM2n, ob. Tamron SP 180/2.5 Fuji Velvia 50 |
Ci riunimmo davanti al bivacco. Io e Filippo con i calzini asciutti.
Mangiammo minestra calda utilizzando il magico fornello di Marco ( di cui
non ho la foto...ma forse è meglio). Dico solo che il combustibile erano dei
rotolini di cartone impregnati di cera. Per scaldare scaldavano inoltre
pesavano la trentesima parte di una bombola di campig gas. Purtroppo però
annerivano la padella...
Il bivacco era uno scatolone 4 metri per 3. Moreno, nel vederlo, sbottò: ><usigniur, l'è'n pulè!> (NDR: Ossignore è un pollaio!). E sì effettivamente i bivacchi sono spazi angusti. Questo in particolare era un 9 posti: tre letti a castello da tre posti sui tre lati. Trovammo altre due persone che avrebbero condiviso con noi una notte piuttosto afosa all'interno di quello scatolone giallo. E meno male che erano solo 2 persone! Non oso pensare che notte avrei passato a dormire in uno dei tre posti "liberi" ubicati sul fondo del cassone. Già così infatti fu una notte curiosa. Occupai il posto più in alto sulla destra. Il tetto curvo portava via spazio e ben poco ne rimaneva per girarsi nella branda. La testa verso la porta e i piedi in fondo. Mi infilai nel sacco a pelo. Rapidamente la temperatura raggiunse valori tropicali, mentre dalla finestra entrava una brezza gelida da polo nord. Mi sembra opportuno parlare di elevato gradiente termico: -2 +35 in 2 metri e mezzo.
Il bivacco era uno scatolone 4 metri per 3. Moreno, nel vederlo, sbottò: ><usigniur, l'è'n pulè!> (NDR: Ossignore è un pollaio!). E sì effettivamente i bivacchi sono spazi angusti. Questo in particolare era un 9 posti: tre letti a castello da tre posti sui tre lati. Trovammo altre due persone che avrebbero condiviso con noi una notte piuttosto afosa all'interno di quello scatolone giallo. E meno male che erano solo 2 persone! Non oso pensare che notte avrei passato a dormire in uno dei tre posti "liberi" ubicati sul fondo del cassone. Già così infatti fu una notte curiosa. Occupai il posto più in alto sulla destra. Il tetto curvo portava via spazio e ben poco ne rimaneva per girarsi nella branda. La testa verso la porta e i piedi in fondo. Mi infilai nel sacco a pelo. Rapidamente la temperatura raggiunse valori tropicali, mentre dalla finestra entrava una brezza gelida da polo nord. Mi sembra opportuno parlare di elevato gradiente termico: -2 +35 in 2 metri e mezzo.
The day after.
Il primo che mi dice che in quota si dorme bene, gli sputo in un occhio. Oltre all'effetto sardine in scatola, al vento gelido che entrava dal finestrino aperto (per forza altrimenti non si respirava!) e al caldo torrido stile estate del 2003 (in anticipo di 10 anni all'interno del bivacco Ivrea) occorre tener presente che i 2770m di quota si sentono nel fisico. Specialmente se la sera prima, quel fisico, stava a 200m s.l.m! Ero particolarmente rimbambito quella mattina, infatti non mi ricordo nulla. Ma osservando la foto seguente, dove Moreno prepara lo zaino per il ritorno, mi sovviene, non senza sgomento, quale fosse la nostra attrezzatura per le avventure in alta quota. Avevamo portato di tutto. In primo luogo portammo appresso tenda e sacchi a pelo perché se il bivacco fosse stato già occupato, da qualche parte avremmo dovuto trovare rifugio. Già allora esistevano materiali leggeri per questo genere di attività (siamo alla fin fine nel 1993!), ma noi non ne disponevamo. L'unico che aveva uno zaino da alpinismo, degli scarponi d'alta quota e una giacca di goretex ero io. Mi sentivo un filino a disagio. Nel tentativo di migliorare la mia scomoda posizione da "fighetto", decantavo, ad ogni passo, le qualità di questi materiali. La mia intenzione era quella di spingere i soci a fare le stesse scelte, a lasciare a casa l'imbottitura "bollicine" per imballaggi e sostituirla con un materassino da campeggio da 5mila lire. Il risultato fu una raffica di coloriti improperi che, a mitraglia, partivano ad ogni mio accenno sulla questione. Oggi, nonostante i venti anni trascorsi e le molte escursioni fatte, solo Filippo si è "specializzato". Ovviamente non grazie a me, ma alle dritte di sua moglie Monika che il mondo, zaino in spalla, lo ha girato per davvero. Potere delle donne. Ma qualche passo avanti è stato fatto. Moreno i jeans li mette per andare a lavorare e non per salire a 3000 metri. Marco è il vero irriducibile. Ha gli stessi scarponi, lo stesso zaino e mi sbeffeggia oggi come allora.
Il primo che mi dice che in quota si dorme bene, gli sputo in un occhio. Oltre all'effetto sardine in scatola, al vento gelido che entrava dal finestrino aperto (per forza altrimenti non si respirava!) e al caldo torrido stile estate del 2003 (in anticipo di 10 anni all'interno del bivacco Ivrea) occorre tener presente che i 2770m di quota si sentono nel fisico. Specialmente se la sera prima, quel fisico, stava a 200m s.l.m! Ero particolarmente rimbambito quella mattina, infatti non mi ricordo nulla. Ma osservando la foto seguente, dove Moreno prepara lo zaino per il ritorno, mi sovviene, non senza sgomento, quale fosse la nostra attrezzatura per le avventure in alta quota. Avevamo portato di tutto. In primo luogo portammo appresso tenda e sacchi a pelo perché se il bivacco fosse stato già occupato, da qualche parte avremmo dovuto trovare rifugio. Già allora esistevano materiali leggeri per questo genere di attività (siamo alla fin fine nel 1993!), ma noi non ne disponevamo. L'unico che aveva uno zaino da alpinismo, degli scarponi d'alta quota e una giacca di goretex ero io. Mi sentivo un filino a disagio. Nel tentativo di migliorare la mia scomoda posizione da "fighetto", decantavo, ad ogni passo, le qualità di questi materiali. La mia intenzione era quella di spingere i soci a fare le stesse scelte, a lasciare a casa l'imbottitura "bollicine" per imballaggi e sostituirla con un materassino da campeggio da 5mila lire. Il risultato fu una raffica di coloriti improperi che, a mitraglia, partivano ad ogni mio accenno sulla questione. Oggi, nonostante i venti anni trascorsi e le molte escursioni fatte, solo Filippo si è "specializzato". Ovviamente non grazie a me, ma alle dritte di sua moglie Monika che il mondo, zaino in spalla, lo ha girato per davvero. Potere delle donne. Ma qualche passo avanti è stato fatto. Moreno i jeans li mette per andare a lavorare e non per salire a 3000 metri. Marco è il vero irriducibile. Ha gli stessi scarponi, lo stesso zaino e mi sbeffeggia oggi come allora.
Di buon mattino Moreno raccoglie i "bagagli" davanti al bivacco Ivrea.
Gran Paradiso (TO) - Luglio. Nikon FM2n, ob. Sigma AF 28-70/2.8 Fuji Velvia 50 |
C'è un sacco di gente qui in giro. Gran Paradiso (TO) - Luglio. Nikon FM2n, ob. Sigma AF 28-70/2.8 Agfa 50RS. |
Altri alpinisti scendono dal passo della Tribolazione. Gran Paradiso
(TO) - Luglio. Nikon FM2n, ob. Tamron SP 180/2.5 Fuji Velvia 50. |
Ripercorriamo il Passo della Tribolazione. Gran Paradiso (TO) -
Luglio. Nikon FM2n, ob. Nikon AF 20/2.8 Fuji Velvia 50 |
Filippo scende le ultime balze verso il rifugio Pontese. Val Piantonetto
(TO) - Luglio. Nikon FM2n, ob. Tamron SP-LD 180/2.5 Agfa 50RS. |
Il rifugio Pontese sulla strada del ritorno. Val Piantonetto (TO) -
Luglio. Nikon FM2n, ob. Tamron 180/2.5 Agfa 50RS. |
Il rifugio Pontese. Val Piantonetto (TO) -
Luglio. Nikon FM2n,ob. Sigma AF 28-70/2.8 Agfa 50RS. |
Sosta al rifugio Pontese. Val Piantonetto (TO) - Luglio. Nikon FM2n, ob. Nikon AF 20/2.8 Fuji Velvia 50 |
Le ultime luci del giorno sui Becchi della Tribolazione. Val Piantonetto
(TO) - Luglio. Nikon FM2n, ob. Sigma AF 28-70/2.8 Fuji Velvia 50. |
Dopo questa ne vennero altre di escursioni. Alcune facili, altre faticose e
altre ancora pericolose. Ma questa 2 giorni nella mia memoria ha un
significato particolare. Per me, ragazzo di pianura, questa fu la prima vera
alta montagna. Ancora non sapevo che il mio fisico poco digerisce le quote
superiori ai 3000 metri. Lo scoprii, mio malgrado, solo qualche anno dopo.
Allora mi sembrava possibile fare tutto, anche il K2.
Infine è bello osservare che i quattro ex studenti non si sono persi di vista. Tutti viviamo nelle città dove vivevamo allora, ad eccezione di Filippo che abita un po' più lontano. E troviamo occasione di rivederci. Adesso poi stiamo aspettando che Michela, la bambina di Monika e Filippo, cresca ancora un po'. Manca poco e sarà lei la nostra guida su per i bricchi delle alpi occidentali.
Infine è bello osservare che i quattro ex studenti non si sono persi di vista. Tutti viviamo nelle città dove vivevamo allora, ad eccezione di Filippo che abita un po' più lontano. E troviamo occasione di rivederci. Adesso poi stiamo aspettando che Michela, la bambina di Monika e Filippo, cresca ancora un po'. Manca poco e sarà lei la nostra guida su per i bricchi delle alpi occidentali.
Filippo said in "Inglese" for dummies":
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TRIBOLATION PASS.
“Remember when you were young, you shone like the sun. Shine on you crazy ALPINIST” (tks Pink Floyd for inspiration).
This is not me, and the others are not my friends. I do not know them. This is the first reaction, but later I start to remember. Years. Decades. The word “tribolazione” means “ grave e continua sofferenza fisica o spirituale”. Physically it was like that, but for the spirit it was the contrary, because at the end, and maybe only at the end, you realised that you simply did something epic. I was without mountain experience and good equipment. I also was the less trained of the group of desperate. Charged as a donkey, I was tired when we reached the lake, but it was just the beginning. More than the lake, looking up I remember the big stones on the right and the snow on the left, and very far away the pass. We choose the wrong way, on the stones, and we destroyed our legs jumping from stone to stone with our heavy backpack on the shoulders. After a jump, I got a hole big like a finger on the top in my right shoe: my shoes were basically new but not expensive, very poor quality. When we were forced to do the right thing, and we start going on the snow , we discovered that it was easy to go up, even if the pass was still there, always far … My foot started to get cold and became wet. Finally we reached the pass and the other side: rocks, snow, blue sky, and overall nothing more to climb up: a relative flat valley in front of us. I recover the last energies and I walked fast against the wind. Behind a big rock, I saw a rupicapra rupicapra (camoscio in Italian), at no more than 10 m from me. The animal saw me, and 10 seconds 10 big jumps: disappeared. I will never see in my life the same animal at this distance, and sometimes I think it was a dream caused by tiredness. We finally reached the ‘bivacco’, a metallic yellow tin box. I suppose we always though: ‘I hope it is open’. It was, and it was empty: so we were lucky because the alternative was to sleep outside in the tent. The night was strange. I felt I had fever: cold, hot, and so on. I survive until the day after, and coming back was a real pleasure. What else? No particular memories, but only the feeling that we lived a real adventure with happy end. The trip was planned in details, but with the details available for us in that time. Gps? No, a map where more or less you hope to find the way, marked with dotted points. Weather conditions? We were lucky for not find storm or snow. Equipment? Nowadays it is impossible to find someone like us. I do not want to criticise my friend, so I can talk about me. I was equipped following a creative low cost philosophy. Only my backpack was enough good, but the rest! For the head, my quite bald head, I had a white tennis cap with the advertising of some tooling machine, and another wool blue cap with the symbol of Novara football team, bough almost ten or fifteen years before when I went for the first time in the stadium. Cotton T-shirt, cotton shirt, cotton short trousers, cotton tracksuit and a low cost pile. Finally, gardener gloves! I repeat. This is not me, and the others are not my friends. Let’s sing together “Remember when you were young, stupid like a stone. Shine …”
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TRIBOLATION PASS.
“Remember when you were young, you shone like the sun. Shine on you crazy ALPINIST” (tks Pink Floyd for inspiration).
This is not me, and the others are not my friends. I do not know them. This is the first reaction, but later I start to remember. Years. Decades. The word “tribolazione” means “ grave e continua sofferenza fisica o spirituale”. Physically it was like that, but for the spirit it was the contrary, because at the end, and maybe only at the end, you realised that you simply did something epic. I was without mountain experience and good equipment. I also was the less trained of the group of desperate. Charged as a donkey, I was tired when we reached the lake, but it was just the beginning. More than the lake, looking up I remember the big stones on the right and the snow on the left, and very far away the pass. We choose the wrong way, on the stones, and we destroyed our legs jumping from stone to stone with our heavy backpack on the shoulders. After a jump, I got a hole big like a finger on the top in my right shoe: my shoes were basically new but not expensive, very poor quality. When we were forced to do the right thing, and we start going on the snow , we discovered that it was easy to go up, even if the pass was still there, always far … My foot started to get cold and became wet. Finally we reached the pass and the other side: rocks, snow, blue sky, and overall nothing more to climb up: a relative flat valley in front of us. I recover the last energies and I walked fast against the wind. Behind a big rock, I saw a rupicapra rupicapra (camoscio in Italian), at no more than 10 m from me. The animal saw me, and 10 seconds 10 big jumps: disappeared. I will never see in my life the same animal at this distance, and sometimes I think it was a dream caused by tiredness. We finally reached the ‘bivacco’, a metallic yellow tin box. I suppose we always though: ‘I hope it is open’. It was, and it was empty: so we were lucky because the alternative was to sleep outside in the tent. The night was strange. I felt I had fever: cold, hot, and so on. I survive until the day after, and coming back was a real pleasure. What else? No particular memories, but only the feeling that we lived a real adventure with happy end. The trip was planned in details, but with the details available for us in that time. Gps? No, a map where more or less you hope to find the way, marked with dotted points. Weather conditions? We were lucky for not find storm or snow. Equipment? Nowadays it is impossible to find someone like us. I do not want to criticise my friend, so I can talk about me. I was equipped following a creative low cost philosophy. Only my backpack was enough good, but the rest! For the head, my quite bald head, I had a white tennis cap with the advertising of some tooling machine, and another wool blue cap with the symbol of Novara football team, bough almost ten or fifteen years before when I went for the first time in the stadium. Cotton T-shirt, cotton shirt, cotton short trousers, cotton tracksuit and a low cost pile. Finally, gardener gloves! I repeat. This is not me, and the others are not my friends. Let’s sing together “Remember when you were young, stupid like a stone. Shine …”
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Nota fotografica. Questa gita per me fu importantissima. Avevo
appena fatto una scelta EPOCALE. Avevo venduto tutto il mio corredo Minolta
MD per "passare a Nikon". Lo so che per chi non è avvezzo a queste faccende
può sembrare una questione di poco conto. Ma per chi fotografa con un certo
impegno cambiare "sistema" è una scelta difficile se non dolorosa.
Specialmente se di denari ne girano pochi. Ma avevo venduto "bene" quindi
ero entrato in possesso di due fiammanti Nikon FM2n black, del 20/2.8 AF
Nikon e di un disgraziatissimo (!) Sigma AF 28-70/2.8. I miei tele di allora
erano dei fior di Tamron con baionetta intercambiabile Adaptall 2, quindi li
recuperai per le nuove macchine. Paolo, un mio caro amico fotografo,
mi prestò l'allora famigeratissimo Sigma 400/5.6 AF: <Uè vediamo di farlo volare in uno strapiombo!>. Lo usai, con cura maniacale, per solo un paio di scatti. Insomma i
miei 4kg di macchine fotografiche facevano bella zavorra nello zaino.
Questa era la prima uscita con le nuove macchine. Per l'occasione mi
armai della pellicola migliore che al momento era in commercio la: Fuji
Velvia 50. Ben tre rulli. E poiché costava un'esagerazione, pensai bene di
fare un mix e portare anche qualche rullo (Due di Due) di Agfa 50 RS. Questa
cosa non la si deve fare MAI, non si mischiano le emulsioni su uno stesso
soggetto!! Ma allora ero un "beginner" fessacchiotto e mi lasciai tentare
dalle lusinghe di un qualche articolo di TuttiFotografi che esaltava le
caratteristiche della pellicola tedesca. Ma che boiata! Quasi vent'anni dopo
ho patito non poco cercando di equilibrare i colori virati che, vuoi il
tempo trascorso, vuoi i laboratori cornuti, le diapositive pur ben
conservate, hanno tirato fuori.
Scansione originale |
Immagine dopo il bilanciamento cromatico. |
Per coloro i quali oggi sono abituati a fare centinaia se non migliaia di
scatti con le fotocamere digitali, faccio osservare che dei 5 rulli
totali, 2 tornarono a casa intonsi. E di ciò mi rammarico, avrei dovuto
fotografare di più gli amici. L'interno del bivacco, i momenti di sosta, la preparazione
della cena... tutto ciò non l'ho documentato. C'è un perché al fatto che
oggi il mio lavoro non è quello di fotografo, ma di tecnico software.
Valerio, il tuo racconto è piacevolissimo..quanti ricordi...io ho vissuto solo dai vostri racconti, Moreno era li...in questo 30 aprile di pioggia ci siamo un po ributtati nel passato e scaldati con il sole dei 3000...
RispondiEliminaBellissime le foto e raccontato davvero con il cuore..
Cris
(& Moreno)
Sono d'accordo con te Cri il racconto è piacevolissimo e raccontanto davvero con il cuore...... Grande Vale!!!!
EliminaMax
Uè Massimo, mancavi solo tu in quel giro lì. Ma non vorrei aver fatto una gaffe con 20 anni di ritardo. Mi sa che non ti avevo avvisato!??!
RispondiEliminaQui comunque continuano a mancare i commenti dei diretti interessati. Che mi sono premurato di avvisare PERSONALMENTE!!
Io mi aspettavo gli strali di qualcuno, ma non arrivano....
Grazie per la vostra pazienza.
Figurati è stata un abella sorpresa leggere di questa avventura, qualche racconto probabilmente lo avevo già sentito dai diretti interessati....
EliminaMax
P.s. mi è piaciuta la chicca della buriola del novara del Fili
Sì Massimo, il cappellino ("buriola" lo capiamo solo io te e il Filippo) del Novara calcio!! Quando lo tirò fuori gli dissi:"ma vorrai mica che ti fotografo con quel robo in testa!!??" e lui: "mavadavialcu, fa'n frec dla madona" (NDR: "ma vai a@@@**## fa molto freddo"). Meno male che furono due giorni di tempo magnifico, non oso pensare a che cosa sarebbe successo se avessimo beccato un acquazzone serio. Beh in verità (quel che succede) lo abbiamo scoperto pochi anno dopo ((!!)).
RispondiEliminaciao
Valerio
bellissimo questo racconto (e bellissime foto), l'avevo letto almeno 1 anno fa e l'ho ritrovato x caso...ma l'ho riletto con piacere daccapo;)
RispondiEliminaGrazie Giuseppe!
RispondiEliminaDevo rivedre la parte fotografica perchè, in realtà, le foto dei partecipanti in "brache di tela" CI SONO! LE HO TROVATE!!
Ricordavo di aver fatto qualche scatto ai soci la sera e la mattina, intorno al bivacco, ma nell'archivio catalogato non c'erano. Erano in una scatola a parte e a fare ordine sono saltate fuori. Tempo tiranni , la sera non riesco a raccapezzarmi, ma prometto aggiornamento.
Stay tuned e grazie ancora!