contro- intestazione

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Luglio 1993, la Tribolazione.

Premessa
Questo post lo dedico agli amici Moreno, Marco e Filippo. Spero che leggano e aggiungano i loro ricordi ai miei. Attendo quindi "aggiustamenti" a questa versione che non può essere completa finché si basa solo sul mio racconto.

Siamo nel 2024, è trascorso molto tempo da quei due epici giorni di luglio del 1993 in cui 4 studenti, un po' più che ventenni, chiusero i libri di meccanica, tecnologie elettroniche, sistemi dinamici e decisero di andare a vedere da vicino il Gran Paradiso. Una gita così, senza pretese. Per vedere se era vero che a vent'anni si hanno le gambe buone e c'è il fiato per fare un po' di tutto.

Marco, Moreno, Filippo e Valerio (che è quello che scrive) pianificarono, cartina sul tavolo dell'aula B41 del PoliMi, di fare 'sta benedetta gita. Era da un po' che ci frullava in testa di vedere la montagna vera, quella sopra i 3000. Le ragazze no, a loro non lo diciamo neanche, questa è una roba un po' pesante, vediamo di sbrigarcela senza "zavorre". Capirai gli atleti. Non ricordo quale fosse la cartografia di riferimento, certo che una Kompass qualcuno la tirò fuori. Credo Marco. Scegliemmo la val Piantonetto, sia mai che noi si scelga la via più famosa! Giammai!! Quindi l'itinerario era tracciato in pochi minuti: versante piemontese del Gran Paradiso, valle dell'Orco. Poi su per la val Piantonetto fino alla diga del Lago Teleccio. Quindi Rifugio Pontese, ma nemmeno ci si ferma, si sale per il passo della tribolazione e si scende in questa conca isolata, ai piedi del Gran Paradiso. Pernottamento nel bivacco Ivrea e l'indomani ritorno. Già il nome di passo della Tribolazione doveva farci intendere che non era una scampagnata per gambe poco allenate alla montagna. Ma si sa, il fiato vien muovendosi. Non ho memoria di come fu la divisione delle auto, o se andammo tutti con una sola. Certo è che per essere alle 7.00 al lago Teleccio la sveglia devo averla puntata almeno alle 3.30 del mattino.

Ore 7,00 accumulo di neve presso il Lago Teleccio, Val Piantonetto (TO).
Nikon FM2n, ob Sigma 28-70/2.8 Agfa 50 RS.
Lago Teleccio, Val Piantonetto (TO) - Luglio.
Nikon FM2n, ob Sigma 28-70/2.8 Agfa 50 RS
Marco e il Lago Teleccio, Val Piantonetto (TO) - Luglio.
Nikon FM2n, ob Sigma 28-70/2.8 Agfa 50 RS.

Raggiungere il rifugio Pontese fu già una bella esperienza. Lasciato il lago Teleccio la pista si inerpica sulla destra su per una riva ripida. Un feroce zig zag conduce fino all'altipiano del rifugio. Fu qui che vedemmo per la prima volta 'sti benedetti Becchi della Tribolazione. Sulla cartina, onestamente, sembravano più vicini.

Rifugio Pontese (2200m) e sulla sinistra i Becchi della Tribolazione. Val Piantonetto (TO) - Luglio.
Nikon FM2n, ob. Sigma AF 28-70/2.8, Agfa 50RS
Rifugio Pontese (2200m) Gracchi alpini. Val Piantonetto (TO) - Luglio.
Nikon FM2n, ob. Sigma AF 400/5.6 Fuji Velvia 50
Una valle di rocce, Val Piantonetto (TO) - Luglio.
Nikon FM2n, ob. Nikon AF 20/2.8, Fuji Velvia 50 (sin), ob. Sigma AF 28-70/2.8 Agfa 50 RS (dx).
Agglomerato di quarzite tipico delle formazioni rocciose granitiche. Sullo sfondo il Becco della Tribolazione. Val Piantonetto (TO) - Luglio.
Nikon FM2n, ob Nikon AF 20/2.8 Agfa 50RS.

>L'ascensione al Passo della Tribolazione fu lunga e pesante. Pausa pranzo al sacco nei pressi di un balcone paludoso circondarti dagli stambecchi. Ricordo che gli stambecchi c'erano ed era la prima volta che li vedevo dal vivo, ma di foto in archivio non ne ho trovate. Evidentemente mi saranno venute troppo bene! Ricordo che Marco, un ragazzo piuttosto ostinato, li apostrofò come "capre di montagna". Cercai di fargli cogliere la differenza. Gli stambecchi sono degli ovini come le capre, come le capre hanno delle corna. Però le capre le corna le hanno più piccole, e non si riesce ad allevare lo stambecco per il latte e poi se proprio vogliamo parlare di capre allora parliamo della capra primigenia, protetta sull'isola di Dia a Creta e dei caratteri tipici della capra selvatica. No, credo che ancora oggi Marco mi ritirerà fuori la zuppa delle capre di montagna. Poco importa se tra una capra e uno stambecco le differenze genetiche sono prossime a quelle che passano tra un elefante africano e il Mammuth, per Marco rimangono capre. Di montagna, ma sempre capre.

Verso il Passo della Tribolazione. Sosta di "riflessione", Val Piantonetto (TO).
Nikon FM2n, og Sigma AF 28-70/2.8. Fuji Velvia 50.
Verso il Passo della Tribolazione: ma quanto manca??. Val Piantonetto (TO).
Nikon FM2n, og Sigma AF 28-70/2.8. Fuji Velvia 50.

Il sentiero, ricordo, proseguiva in direzione della bocchetta. Ma ad un certo punto, in prossimità dei depositi morenici, scompariva e occorreva ricercare gli ometti di sassi posti sui pietroni più grandi. Proprio sotto alla bocchetta si stendeva una magnifica lingua di neve. Piatta liscia ma neve, non ghiaccio. Sulla destra, dove sembravano condurre gli ometti segnavia, si apriva un'infernale distesa di rocce moreniche di dimensioni adatte al balzo di un essere umano, ma dalle forme spigolose e puntute. Timidamente feci osservare che seguire gli ometti su per la riva era un po' impegnativo mentre la lingua nevosa era una fresca autostrada per il passo. No! Inutile dire che il capo squadra fosse proprio il ragazzo "ostinato". La neve può nascondere insidie e chi sa mai che lì sotto non vi sia qualche micidiale crepaccio. Quindi armati di sana buona volontà affrontammo il versante roccioso. Due ore dopo, circa a metà lunghezza della lingua nevosa, complice il sole pomeridiano di Luglio, la mia proposta originale divenne magicamente appetitosa. Non avevamo più gambe, i sassi ce le avevano ribollite. La frescura della neve e la comodità del passo regolare furono il paradiso. In breve raggiungemmo il passo della Tribolazione e scavalcammo il versante.

Nevaio verso il Passo della Tribolazione, Val Piantonetto (TO).
Nikon FM2n, og Sigma AF 28-70/2.8. Fuji Velvia 50.
Raggiungiamo il Passo della Tribolazione, Val Piantonetto (TO).
Nikon FM2n, og Sigma AF 28-70/2.8. Fuji Velvia 50.

La vista si apriva sul versante piemontese del Gran Paradiso. Il grosso era fatto ed ora era solo discesa fino al bivacco Ivrea. Scendemmo allegri seguendo lo scivolo di neve che dalla bocchetta portava giù nel vallone. A ripensarci oggi forse questo era il passaggio più pericoloso, perché sull'altro versante di neve ce n'era ben di più e lì forse sì che si poteva nascondere qualche pericolo. Ma a quel punto il pensiero non ci sfiorò minimamente e in pochi minuti fummo alla base della piramide rocciosa del Becco della Tribolazione.

Veduta del gruppo del Gran Paradiso dal passo della Tribolazione. Val Piantonetto (TO) - Luglio.
Nikon FM2n, ob. Nikon AF 20/2.8, Fuji Velvia 50
Becco della Tribolazione. Val Piantonetto (TO) - Luglio.
Nikon FM2n, ob. Nikon AF 20/2.8 Fuji Velvia 50
Rocce del Becco della Tribolazione. Val Piantonetto (TO) - Luglio.
Nikon FM2n, ob. Nikon AF 20/2.8 Fuji Velvia 50.
Becco della Tribolazione al limite del nevaio. Val Piantonetto (TO) - Luglio.
Nikon FM2n, ob. Nikon AF 20/2.8 Fuji Velvia 50
Scendiamo il nevaio del Becco della Tribolazione. Val Piantonetto (TO) - Luglio.
Nikon FM2n, ob. Sigma AF 28-70/2.8 Fuji Velvia 50
Il nevaio del Becco della Tribolazione. Val Piantonetto (TO) - Luglio.
Nikon FM2n, ob. Nikon AF 20/2.8 Fuji Velvia 50
Le rocce del Vallone del Gias e della Losa verso il bivacco Ivrea. Gran Paradiso (TO) - Luglio.
Nikon FM2n, ob. Sigma AF 28-70/2.8 Fuji Velvia 50

Il pomeriggio era diventato sera e bisognava trovare il bivacco. In effetti dalla cima del passo, e poi scendendo, avevamo cercato di individuare il bivacco Ivrea. Un puntino giallo, quasi indistinguibile e lontano, lontano in modo allarmante. Però lo avevamo visto. Purtroppo, scendendo, tutti i riferimenti che sembravano così chiari nella veduta dall'alto, si confondevano rendendo le precedenti osservazioni completamente inutili. Va bè doveva essere lì da qualche parte.

Filippo alla ricerca del bivacco Ivrea (e io con lui). Gran Paradiso (TO) - Luglio.
Nikon FM2n, ob. Sigma AF 28-70/2.8 Fuji Velvia 50
Filippo, con berretto del Novara calcio affronta il guado. Gran Paradiso (TO) - Luglio.
Nikon FM2n, ob. Sigma AF 28-70/2.8 Fuji Velvia 50

Il sole ormai era sceso e mentre gli stambecchi comparivano sul profilo dei monti circostanti, eccolo lì: il bivacco Ivrea. Su una costa rocciosa lo scorgemmo definitivamente. Non restava che raggiungerlo. Purtroppo la nostra destinazione si trovava sull'altro lato di un poderoso torrente. Avevamo guadato diversi corsi d'acqua durante tutta la giornata, ma sembravano rivoli rispetto a questo. Io non avevo intenzione di bagnarmi i calzini. E nemmeno Filippo. Ci dividemmo io e Filippo scendemmo lungo il corso d'acqua con l'intenzione di trovare un punto di guado, Moreno e Marco affrontarono in modo diretto il problema. Roba da Klondike.

Ecco il bivacco Ivrea. Gran Paradiso (TO) - Luglio.
Nikon FM2n, ob. Tamron SP 180/2.5 Fuji Velvia 50
Verso sera gli stambecchi entrano in attività. Gran Paradiso (TO) - Luglio.
Nikon FM2n, ob. Tamron SP 180/2.5 Fuji Velvia 50

Ci riunimmo davanti al bivacco. Io e Filippo con i calzini asciutti. Mangiammo minestra calda utilizzando il magico fornello di Marco ( di cui non ho la foto...ma forse è meglio). Dico solo che il combustibile erano dei rotolini di cartone impregnati di cera. Per scaldare scaldavano inoltre pesavano la trentesima parte di una bombola di campig gas. Purtroppo però annerivano la padella...
Il bivacco era uno scatolone 4 metri per 3. Moreno, nel vederlo, sbottò: ><usigniur, l'è'n pulè!> (NDR: Ossignore è un pollaio!). E sì effettivamente i bivacchi sono spazi angusti. Questo in particolare era un 9 posti: tre letti a castello da tre posti sui tre lati. Trovammo altre due persone che avrebbero condiviso con noi una notte piuttosto afosa all'interno di quello scatolone giallo. E meno male che erano solo 2 persone! Non oso pensare che notte avrei passato a dormire in uno dei tre posti "liberi" ubicati sul fondo del cassone. Già così infatti fu una notte curiosa. Occupai il posto più in alto sulla destra. Il tetto curvo portava via spazio e ben poco ne rimaneva per girarsi nella branda. La testa verso la porta e i piedi in fondo. Mi infilai nel sacco a pelo. Rapidamente la temperatura raggiunse valori tropicali, mentre dalla finestra entrava una brezza gelida da polo nord. Mi sembra opportuno parlare di elevato gradiente termico: -2 +35 in 2 metri e mezzo.
The day after.
Il primo che mi dice che in quota si dorme bene, gli sputo in un occhio. Oltre all'effetto sardine in scatola, al vento gelido che entrava dal finestrino aperto (per forza altrimenti non si respirava!) e al caldo torrido stile estate del 2003 (in anticipo di 10 anni all'interno del bivacco Ivrea) occorre tener presente che i 2770m di quota si sentono nel fisico. Specialmente se la sera prima, quel fisico, stava a 200m s.l.m! Ero particolarmente rimbambito quella mattina, infatti non mi ricordo nulla. Ma osservando la foto seguente, dove Moreno prepara lo zaino per il ritorno, mi sovviene, non senza sgomento, quale fosse la nostra attrezzatura per le avventure in alta quota. Avevamo portato di tutto. In primo luogo portammo appresso tenda e sacchi a pelo perché se il bivacco fosse stato già occupato, da qualche parte avremmo dovuto trovare rifugio. Già allora esistevano materiali leggeri per questo genere di attività (siamo alla fin fine nel 1993!), ma noi non ne disponevamo. L'unico che aveva uno zaino da alpinismo, degli scarponi d'alta quota e una giacca di goretex ero io. Mi sentivo un filino a disagio. Nel tentativo di migliorare la mia scomoda posizione da "fighetto", decantavo, ad ogni passo, le qualità di questi materiali. La mia intenzione era quella di spingere i soci a fare le stesse scelte, a lasciare a casa l'imbottitura "bollicine" per imballaggi e sostituirla con un materassino da campeggio da 5mila lire. Il risultato fu una raffica di coloriti improperi che, a mitraglia, partivano ad ogni mio accenno sulla questione. Oggi, nonostante i venti anni trascorsi e le molte escursioni fatte, solo Filippo si è "specializzato". Ovviamente non grazie a me, ma alle dritte di sua moglie Monika che il mondo, zaino in spalla, lo ha girato per davvero. Potere delle donne. Ma qualche passo avanti è stato fatto. Moreno i jeans li mette per andare a lavorare e non per salire a 3000 metri. Marco è il vero irriducibile. Ha gli stessi scarponi, lo stesso zaino e mi sbeffeggia oggi come allora.

Di buon mattino Moreno raccoglie i "bagagli" davanti al bivacco Ivrea. Gran Paradiso (TO) - Luglio.
Nikon FM2n, ob. Sigma AF 28-70/2.8 Fuji Velvia 50
C'è un sacco di gente qui in giro. Gran Paradiso (TO) - Luglio.
Nikon FM2n, ob. Sigma AF 28-70/2.8 Agfa 50RS.
Altri alpinisti scendono dal passo della Tribolazione. Gran Paradiso (TO) - Luglio.
Nikon FM2n, ob. Tamron SP 180/2.5 Fuji Velvia 50.
Ripercorriamo il Passo della Tribolazione. Gran Paradiso (TO) - Luglio.
Nikon FM2n, ob. Nikon AF 20/2.8 Fuji Velvia 50
Filippo scende le ultime balze verso il rifugio Pontese. Val Piantonetto (TO) - Luglio.
Nikon FM2n, ob. Tamron SP-LD 180/2.5 Agfa 50RS.
Il rifugio Pontese sulla strada del ritorno. Val Piantonetto (TO) - Luglio.
Nikon FM2n, ob. Tamron 180/2.5 Agfa 50RS.
Il rifugio Pontese. Val Piantonetto (TO) - Luglio.
Nikon FM2n,ob. Sigma AF 28-70/2.8 Agfa 50RS.
Sosta al rifugio Pontese. Val Piantonetto (TO) - Luglio.
Nikon FM2n, ob. Nikon AF 20/2.8 Fuji Velvia 50
Le ultime luci del giorno sui Becchi della Tribolazione. Val Piantonetto (TO) - Luglio.
Nikon FM2n, ob. Sigma AF 28-70/2.8 Fuji Velvia 50.

Dopo questa ne vennero altre di escursioni. Alcune facili, altre faticose e altre ancora pericolose. Ma questa 2 giorni nella mia memoria ha un significato particolare. Per me, ragazzo di pianura, questa fu la prima vera alta montagna. Ancora non sapevo che il mio fisico poco digerisce le quote superiori ai 3000 metri. Lo scoprii, mio malgrado, solo qualche anno dopo. Allora mi sembrava possibile fare tutto, anche il K2.
Infine è bello osservare che i quattro ex studenti non si sono persi di vista. Tutti viviamo nelle città dove vivevamo allora, ad eccezione di Filippo che abita un po' più lontano. E troviamo occasione di rivederci. Adesso poi stiamo aspettando che Michela, la bambina di Monika e Filippo, cresca ancora un po'. Manca poco e sarà lei la nostra guida su per i bricchi delle alpi occidentali.

Filippo said in "Inglese" for dummies":
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TRIBOLATION PASS.
“Remember when you were young, you shone like the sun. Shine on you crazy ALPINIST” (tks Pink Floyd for inspiration).
This is not me, and the others are not my friends. I do not know them. This is the first reaction, but later I start to remember. Years. Decades. The word “tribolazione” means “ grave e continua sofferenza fisica o spirituale”. Physically it was like that, but for the spirit it was the contrary, because at the end, and maybe only at the end, you realised that you simply did something epic. I was without mountain experience and good equipment. I also was the less trained of the group of desperate. Charged as a donkey, I was tired when we reached the lake, but it was just the beginning. More than the lake, looking up I remember the big stones on the right and the snow on the left, and very far away the pass. We choose the wrong way, on the stones, and we destroyed our legs jumping from stone to stone with our heavy backpack on the shoulders. After a jump, I got a hole big like a finger on the top in my right shoe: my shoes were basically new but not expensive, very poor quality. When we were forced to do the right thing, and we start going on the snow , we discovered that it was easy to go up, even if the pass was still there, always far … My foot started to get cold and became wet. Finally we reached the pass and the other side: rocks, snow, blue sky, and overall nothing more to climb up: a relative flat valley in front of us. I recover the last energies and I walked fast against the wind. Behind a big rock, I saw a rupicapra rupicapra (camoscio in Italian), at no more than 10 m from me. The animal saw me, and 10 seconds 10 big jumps: disappeared. I will never see in my life the same animal at this distance, and sometimes I think it was a dream caused by tiredness. We finally reached the ‘bivacco’, a metallic yellow tin box. I suppose we always though: ‘I hope it is open’. It was, and it was empty: so we were lucky because the alternative was to sleep outside in the tent. The night was strange. I felt I had fever: cold, hot, and so on. I survive until the day after, and coming back was a real pleasure. What else? No particular memories, but only the feeling that we lived a real adventure with happy end. The trip was planned in details, but with the details available for us in that time. Gps? No, a map where more or less you hope to find the way, marked with dotted points. Weather conditions? We were lucky for not find storm or snow. Equipment? Nowadays it is impossible to find someone like us. I do not want to criticise my friend, so I can talk about me. I was equipped following a creative low cost philosophy. Only my backpack was enough good, but the rest! For the head, my quite bald head, I had a white tennis cap with the advertising of some tooling machine, and another wool blue cap with the symbol of Novara football team, bough almost ten or fifteen years before when I went for the first time in the stadium. Cotton T-shirt, cotton shirt, cotton short trousers, cotton tracksuit and a low cost pile. Finally, gardener gloves! I repeat. This is not me, and the others are not my friends. Let’s sing together “Remember when you were young, stupid like a stone. Shine …

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Nota fotografica. Questa gita per me fu importantissima. Avevo appena fatto una scelta EPOCALE. Avevo venduto tutto il mio corredo Minolta MD per "passare a Nikon". Lo so che per chi non è avvezzo a queste faccende può sembrare una questione di poco conto. Ma per chi fotografa con un certo impegno cambiare "sistema" è una scelta difficile se non dolorosa. Specialmente se di denari ne girano pochi. Ma avevo venduto "bene" quindi ero entrato in possesso di due fiammanti Nikon FM2n black, del 20/2.8 AF Nikon e di un disgraziatissimo (!) Sigma AF 28-70/2.8. I miei tele di allora erano dei fior di Tamron con baionetta intercambiabile Adaptall 2, quindi li recuperai per le nuove macchine. Paolo, un mio caro amico fotografo, mi prestò l'allora famigeratissimo Sigma 400/5.6 AF: <Uè vediamo di farlo volare in uno strapiombo!>. Lo usai, con cura maniacale, per solo un paio di scatti. Insomma i miei 4kg di macchine fotografiche facevano bella zavorra nello zaino. Questa era la prima uscita con le nuove macchine. Per l'occasione mi armai della pellicola migliore che al momento era in commercio la: Fuji Velvia 50. Ben tre rulli. E poiché costava un'esagerazione, pensai bene di fare un mix e portare anche qualche rullo (Due di Due) di Agfa 50 RS. Questa cosa non la si deve fare MAI, non si mischiano le emulsioni su uno stesso soggetto!! Ma allora ero un "beginner" fessacchiotto e mi lasciai tentare dalle lusinghe di un qualche articolo di TuttiFotografi che esaltava le caratteristiche della pellicola tedesca. Ma che boiata! Quasi vent'anni dopo ho patito non poco cercando di equilibrare i colori virati che, vuoi il tempo trascorso, vuoi i laboratori cornuti, le diapositive pur ben conservate, hanno tirato fuori.

Scansione originale
Immagine dopo il bilanciamento cromatico.

Per coloro i quali oggi sono abituati a fare centinaia se non migliaia di scatti con le fotocamere digitali, faccio osservare che dei 5 rulli totali, 2 tornarono a casa intonsi. E di ciò mi rammarico, avrei dovuto fotografare di più gli amici. L'interno del bivacco, i momenti di sosta, la preparazione della cena... tutto ciò non l'ho documentato. C'è un perché al fatto che oggi il mio lavoro non è quello di fotografo, ma di tecnico software.

Gesto Atletico di Filippo



Il crepuscolo

La notte incombe.
Quando dico a mia moglie: "rientro sicuramente per le 19, tanto è inverno, viene buio presto", mento sapendo di mentire; ma lei sta al gioco e ammicca. Non era così semplice quando vivevo con i miei. A mio padre stava proprio sullo stomaco tardare la cena. E si finiva per litigare: "ma perché mi aspettate, cenate! Io mi arrangio dopo". Niente, per lui era un affronto. La sera ci si doveva sedere tutti e tre a quel tavolo. E pensare che da giovane era un eccezionale scapestrato. Adesso che non c'è più, ricordare e scrivere qui queste cose mi mette una profonda nostalgia. E ricordo come ho cominciato a fare tardi e di quando ho smesso di avere paura del bosco di notte. Era il 1994 e volente o nolente certe paure dovevo togliermele. Quell'anno mi toccava il servizio civile. Il ministero mi assegnò ad un servizio ambulanze nel Biellese la cui sede era un capannone in mezzo alla campagna. Quindi di giorno facevo servizio in automedica, di notte facevo il custode alle ambulanze. Esperienza fantastica. Beh, per farla breve, la stanchezza del sano lavoro manuale allontana tutte le paure del buio, della solitudine e dell'uomo nero. Da lì il passo è breve. La spinta decisiva però me la diede questo numero di National Geographic magazine.

Nik Nikols milestone: N'doki 1995

Tecnicamente quando si scattava con la pellicola, c'era un limite molto ristretto. Con 100, 200 o 400 iso al massimo, non c'è molto da scialare. Il 1/250 a 100 iso avendo un tele f/4, e serve un buon cavalletto, compare magicamente, in estate, tra le 17.30 - 18.00. Di lì in poi va solo in peggio. E tutti sanno che gli animali cominciano ad uscire proprio a quell'ora!!. Michael Nichols mi dimostrò che si poteva andare oltre, con un uso oculato del flash. E quel servizio del '95 mi diceva di restare lì nel bosco o sul fiume, fino a tardi, fino al calare delle tenebre. In tutta onestà questo è stato il vero insegnamento che ho tratto dal grandissimo Nichols, perché sono un fottuto pigro e il flash lo lascio sempre a casa. Effettivamente con il flash in slow sinc si possono fare delle cose molto carine. Vabé il mio N'doki è questo scatto del 1996 a Cesto vicino a Briona (NO). Certo va tenuto conto che è piuttosto difficoltoso imbattersi in elefanti bizzosi lungo la via Valsesia.

Non che la nutria in questione fosse molto a suo agio. Mi ricordo che mi minacciò con un brontolio sordo e basso. Ma non me ne andai per questo. Mi allontanai per il numero imbarazzante diSurmolotti (rattus norvegicus, pantegana, zoccola) che uscivano da ogni dove.
Questa è, o meglio ERA, una tecnica dispendiosa. Oltre ad avere il problema pratico di riuscire a mettere a fuoco nel quasi totale buio, risolto usando una torcia elettrica fissata con il nastro sul teleobiettivo, e ai rattazzi, l'intero rullo deve essere sacrificato per questa occasione. Il sovra-sviluppo poco si addice ad altri generi di ripresa. Inoltre lo scarto è ENORME! E con la pellicola costa(VA).

Nutria che mangiotta. Cesto (NO) - Novembre.
Nikon F801 ob Tamron 400/4 LD -IF + flash Metz CT45 e snoot di cartone, tripod Manfrotto 055 head Manfrotto 168.
Fuji Sensia 100 esposta a ISO 400 (push 2). EXP 1/2s f/4 + TLL flash - 2stop
Scricciolo, Parco Lame Sesia, Peppo Magnano, San Nazzaro Sesia (NO) - Febbraio.
Nikon F4s ob Nikon 600/4 AIS Flash Nikon SB28 Gitzo Studex G5 head Arca SwissB1g.
Fuji Provia 400 EXP: 1/4s f/4 Flash TTL -2stop.

Certo l'effetto è curioso. La luce flash congela il movimento e il trattamento variato, ma anche la sola lunga esposizione in condizioni di luce post tramonto, regalano colori particolarmente suggestivi. Non ho smesso di tirare tardi ed aspettare il tramonto. Unica cosa, per pigrizia, non uso il flash. Poi quando scende il sole i colori si trasformano. Specialmente in inverno, quando il cielo è terso e il gelo secca il naso.

Le ultimissime luci. Parco Lame Sesia, San Nazzaro Sesia (NO) - Dicembre.
Nikon F4s ob Nikon 17-35/2.8 AF-S ED. Manfrotto 055 head Arca Swiss B1. Fuji Sensia 100
La Lama Grande di San Nazzaro, Parco Lame Sesia San Nazzaro Sesia (NO) - Gennaio.
Nikon F4s ob Nikon AF-S 17-35/2.8 ED D. Manfrotto 055 head Arca Swiss B1. Fuji Sensia 100.
Postazione crepuscolare. Parco Lame Sesia, San Nazzaro Sesia (NO) - Febbraio.
Nikon F4E, ob Nikon 17-35/2.8. Fuji Provia 400.

Belli gli appostamenti invernali. Senza le foglie a limitare la visuale, ma con poche ore di luce a disposizione. Il freddo è il terribile compagno delle lunghe attese. Morde a cominciare dalle dita. Mi sono sempre chiesto come facciano gli aironi a sopportare questo clima impietoso, stando ritti con le zampe a mollo.
La luce scarsa richiede tempi di otturazione sempre più lunghi. 1/125, 1/60../30.../4 sempre più lenti, finchè l'occhio non vede più nulla e il mirino della macchina risulta inutilizzabile. E' allora tempo di rientrare. Ma in queste ore di luce fioca e incerta il bosco si anima. Quante volte ho visto sagome correre sul sentiero o sbattere d'ali tra le fronde sopra la testa, senza poter identificare con certezza quale selvatico fosse. Le ultimissime ore fotografabili sono meravigliose. Per prolungare quei momenti mi sono armato dei cavalletti più robusti che potessi procurarmi. Di qui la scelta del Gitzo Studex G5 per macchine a corpi mobili, privato della colonna centrale, per abbassare il punto di attacco della testa. Poi la testa a sfera Arca Swiss B1g, massiccia e robustissima. Con questo assetto il 1/30 con il Nikon 600/4 AIS era assolutamente utilizzabile. Certo, parliamo di 6-7 kg di stativo!
Purtroppo l'Arca Swiss B1g mi è stata rubata dal baule dell'auto. Vorrei tanto sapere se il suo attuale proprietario si rende conto di cosa ha in mano, non è un fermacarte, ma temo invece che finirà a sorreggere qualche compatta di plastica. Che tristezza.

In verità l'inverno, qui dalle mie parti, porta un grande dono, o meglio, toglie dalle scatole qualcosa di insopportabile. Con la calura degli ultimi giorni di primavera le Culex, da larve subacquee, si trasformano in piccoli e voraci insetti volanti. Il tormento delle zanzare è un supplizio che rende veramente pesante la permanenza in riva la fiume o nel bosco, soprattutto nelle ore appena successive al tramonto. E' un'attacco alla disperata. Pappataci e zanzare provano a perforare qualsiasi cosa che sia liscia e abbia l'odore del mammifero. Quanti pappataci ho schiacciato sul dorso gommoso delle F4! Non è bella la luce della sera nel bosco in una serena giornata estiva. No, è di un blu pesto che invade le ombre impasta tutte le sfumature di colore. Almeno questo accadeva con la pellicola.

La fotografia digitale ha aumentato le possibilità; prima conseguenza, il tempo in campo si è dilatato, è utile fermarsi ben oltre l'ora di "fine lavori" che la pellicola impone. Ma non solo. Anche in condizioni di luce scarsa il supporto digitale è in grado di registrare maggiori sfumature di colore rispetto al chimico. La luce del crepuscolo infatti non è solo "poca", in assoluto, ma è anche povera in termini di lunghezze d'onda. Alla fin fine la pellicola si comporta male in queste situazioni (il famoso difetto di reciprocità) mentre i foto recettori elettronici CMOS non presentano la medesima limitazione.

Minilepre, Parco Lame Sesia, Oldenico (VC) - Marzo.
Nikon F4s ob Nikon 600/4 AIS. Gitzo Studex G5 head Arca Swiss B1g. Fuji Provia 400 push 800.
Martin Pescatore, Parco Lame Sesia, Peppo Magnano, San Nazzaro Sesia (NO) - Giugno.
Nikon F4E ob Nikon 600/4 AIS. Gitzo Studex G5 head Arca Swiss B1g. Fuji Provia 400.

Germano in muta, Parco Lame Sesia, Peppo Magnano, San Nazzaro Sesia (NO) - Giugno.
Nikon F4E ob Nikon 600/4 AIS. Gitzo Studex G5 head Arca Swiss B1g. Fuji Provia 400.
Ore 18.50, inaspettati passano i cinghialetti, Parco Lame Sesia, San Nazzaro Sesia (NO) - Giugno.
Nikon D300, ob. Nikon 70-180mm f/4.5-5.6D @ 180, Mano libera. EXP: iso 400 1/20 f/5.6.
Ore 20.00, la volpe nel gerbido, Parco Lame Sesia, San Nazzaro Sesia(NO) - Maggio.
Nikon D300, ob. Nikon AF-I 300/2.8 ED D, Manfrotto 055 head Arca Swiss B1. EXP: iso 400 1/250 f/2.8.
Ore 21.00, i margini del bosco e qualcosa si vede ancora, Parco Lame Sesia, Tenuta Devesio, Villata (VC) - Luglio.
Nikon D3, ob. Nikon AF-S 600/4 ED VR G, Gitzo Studex G5 head Arca Swiss B1g.
EXP: iso 1600 1/80 f/4 VR ON Normal.
Ore 20.50, rising moon, Parco Lame Sesia, San Nazzaro Sesia(NO) - Giugno.
Nikon D3, ob. Nikon AF 28/2.8 D, Manfrotto 055 head Arca Swiss B1. EXP: iso 800 6s f/4.
Muflone, isola di Capraia (LI) - Giugno.Nikon D3, ob Nikon 300/2.8 AF-I D + TC17, tripod Manfrotto 190 head Benro KS0.
  EXP: 1/160 f/4.8 iso 1000.
Capriolo, Alpe Devero (VB) - Agosto.
Nikon D3, ob Nikon 300/2.8 AF-I D + TC17, tripod Manfrotto 055 head Arca Swiss B1.
EXP: 1/200 f/4.8 iso 800.

La fotografia digitale consente di perforare il buio con iso elevatissimi.
Questa libertà con le diapositive non esisteva. Ci si fermava a 800 ISO con trattamento variato, che costava di più. I sensori CMOS della serie Nikon D3 in poi hanno aperto possibilità irraggiungibili. 800 iso è assolutamente normale, da usarsi anche in pieno sole (!) per ottenere tempi di otturazione spettacolari (1/8000 a f/4). Ma il miracolo avviene nella penombra dove possiamo salire 1000, 1600...3200...6400 !!! Attualmente l'asticella è stata spostata ancora più avanti ed i 12800 iso sono una realtà concreta (mortazzi!!). 

Va detto però che il digitale non è che abbia allungato i tempi operativi di chissà quante ore, no, la durata della sessione fotografica è sì aumentata, ma solo di 30-45 minuti. Infatti la luce, dopo il tramonto, diminuisce rapida. Nonostante qui in nord Italia si sia ben lontani dall'equatore, dove il sole scende a picco e il crepuscolo è inesistente, di certo non si gode dell'infinitamente lento tramonto dei paesi del nord Europa. Certo è però che in quei 30-40 minuti ci si può ripagare di una intera giornata passata a guardare un ramo secco in riva al fiume. Perché in natura sono l'alba e il tramonto i momenti di maggior attività per il mondo animale.

La foto della femmina di capriolo incrociata a Codelago (Devero), è uno scatto al limite. Ho chiesto alla D3 di darmi il massimo: 6400 ISO. Poi ho chiesto a mia moglie una spalla per appoggiare il 300 mm, che altro appoggio in giro non c'era. Nonostante tutto il dettaglio è ancora leggibile e, anche se la foto dice poco in termini assoluti, mi ha comunque dimostrato la potenza di questa tecnologia. E' qui che ho reciso il legame, che credevo indissolubile, con la pellicola.
Il recente inverno mi ha regalato la sorpresa dell'incontro crepuscolare con gli stambecchi. Come tutti gli ungulati, con l'avvicinarsi delle tenebre, gli stambecchi si mettono in movimento. Su per la vecchia strada del Nivolet è facile incontrarli a distanza ravvicinata. Ne ho già mostrato qualche esempio qui. Ora riprendo uno di quegli scatti per sottolineare quanto sia efficace la funzione di stabilizzazione del nuovo Nikon 70-200/2.8 VR II. Io non ho la mano particolarmente ferma, ma questi scatti dicono che sono uno Scoglio! In realtà è il VR che ha consentito di ottenere tali risultati. In questa immagine l'otturatore ha scattato ad 1/45 cioè quasi tre stop al di sotto del tempo di sicurezza che per la LF di 200mm è di 1/250. Miracolo della tecnologia.

Anche lnella foto dell'Alce maschio adulto che sbuca, nella notte lappone, ai margini del bosco, solo le nuove tecnologie digitali hanno consentito di realizzarla. La luce era così poca che non solo l'autofocus mi abbandonò, ma anche il mio occhio sinistro (uso quello) diede forfait. Quindi ho dovuto focheggiare "a traguardo" facendo diversi scatti con variazione manuale della messa a fuoco a partire dalla posizione di maggior nitidezza. Di 15 scatti solo questo centra il fuoco sugli occhi dell'Alce. E l'immagine, devo sottolinearlo, NON E' MOSSA. 1/10s per 200mm appoggiato al finestrino dell'automobile...Il VR di Nikon funziona. Capperi se funziona! E' meraviglioso.
Mi rimane però un po' di tristezza legata alla nostalgia per i miei vent'anni quando, con la pellicola, avevo stretto un legame quasi passionale. La storia chimica finisce qui, mi rimane un vasto archivio in cui talvolta butto lo sguardo per ricordarmi situazioni nelle quali i limiti erano ben stringenti e aggirarli era molto più difficile.

Capriolo, Alpe Devero (VB) - Agosto.
Nikon D3, ob Nikon 300/2.8 AF-I D, hands hold. EXP: 1/50 f/2.8 iso 6400.
Stambecco giovane, Pont Valsavarenche (AO) - Dicembre
Nikon D3, ob Nikon 70-200/2.8 AF-S VR II G @200, hands hold. EXP: 1/45 f/2.8
Alce maschio adulto, Sponda settentrionale lago Inari Finlandia - Agosto.
Nikon D700, ob Nikon 70-200/2.8 AF-S VR II G @200, beanbag. EXP: 1/10 f/2.8 iso 3200 VR ON.
Alta Val Divedro, Bugliaga (VB) - Gennaio.
Nikon FM2, ob Nikon AF 35/2 Fuji Sensia 100  EXP: 1/15 f/2.8
Ore 19,00 notte d'inverno, Parco Lame Sesia,
San Nazzaro Sesia(NO) - Febbraio.
Nikon FM2, ob. Nikon AF 20/2.8, Manfrotto 055 head Manfrotto 168.
EXP: Fuji Sensia 100 15 min  f/5.6.